DIALOGHI CREATIVI: Incontro con Piero Acuto – Strategie oblique e materia in metamorfosi.

Piero Acuto, in arte AQTO, attraversa il mondo del gioiello contemporaneo con una visione che sfida i confini tra arte, design e pensiero materico. Musicista, compositore, grafico, scultore e designer, il suo approccio è quello di uno stratega obliquo, capace di accostare elementi solo in apparenza distanti.

I suoi gioielli, realizzati senza saldature né fusioni, nascono da gesti manuali essenziali, che restituiscono nuova vita a materiali dimenticati: scarti industriali, oggetti d’uso comune, frammenti. Non si tratta di riciclo, ma di trasformazione. Il risultato è un’opera unica, che porta in sé la memoria del materiale e la visione dell’artista.

Nel nuovo appuntamento dei Dialoghi Creativi, Piero Acuto ci racconta la sua ricerca, fatta di intuizione, tecnica e ascolto, e il suo rapporto con la materia, con il gioiello contemporaneo e con Creativity Oggetti, spazio che accompagna il suo lavoro da anni.

1 Il tuo percorso artistico attraversa musica, grafica, scultura e design. In che modo queste esperienze influenzano oggi il tuo modo di pensare il gioiello?

    La musica mi ha insegnato il valore del ritmo e dell’armonia, la grafica l’equilibrio visivo e la precisione, la scultura e il design una sensibilità tattile e spaziale. Ogni disciplina ha lasciato un segno, contribuendo a una visione del gioiello che non è mai solo decorazione, ma espressione complessa e stratificata, capace di parlare diversi linguaggi contemporaneamente.

    2 Le tue creazioni nascono da gesti precisi, senza saldature né fusioni. Che ruolo ha la tecnica, e che ruolo ha l’intuizione nel tuo processo?

      Tecnica e intuizione sono per me inseparabili. La prima mi permette rigore, precisione, controllo; la seconda è la scintilla, ciò che muove la mano verso la forma giusta. Senza l’una, l’altra resta incompleta. Solo nella loro interazione nasce un oggetto che ha qualità formale e, allo stesso tempo, un’anima.

      3 Usi materiali che provengono da contesti extra-ornamentali: scarti industriali, oggetti comuni. Che tipo di dialogo cerchi con la materia?

        Cerco di cogliere la possibilità poetica di ciò che viene scartato. Oggetti dimenticati, materiali non convenzionali: tutto può essere trasformato. Non si tratta solo di recuperare, ma di ascoltare ciò che la materia può raccontare e offrirle una seconda vita, una nuova funzione, un nuovo significato.

        4 Il tuo lavoro sembra suggerire che ogni oggetto porti con sé una memoria. Possiamo dire che i tuoi gioielli siano anche strumenti di narrazione?

          Assolutamente sì. È la materia stessa a raccontare: porta con sé segni, usura, memoria. Il mio ruolo è quello di far emergere queste tracce e reinterpretarle in una forma nuova. In questo senso, ogni gioiello è anche un racconto, una riflessione sulla bellezza possibile nel quotidiano e sul valore del dettaglio.

          5 C’è un filo conduttore – visivo o concettuale – che riconosci costante nel tuo lavoro, anche nei cambiamenti?

            Sì, direi che il filo è la ricerca di equilibrio tra memoria e innovazione, tra il peso del materiale e la leggerezza del pensiero. Anche se il linguaggio visivo cambia, resta questa tensione costante tra passato e possibilità.

            6 Quali sono le mostre o i progetti espositivi che hanno rappresentato tappe significative del tuo percorso?

              Ho partecipato a mostre che valorizzano il design sostenibile, l’arte concettuale e il lavoro tessile. Sono contesti che dialogano naturalmente con la mia ricerca. Tra le tappe più significative ci sono state le prime esposizioni internazionali e alcune pubblicazioni su volumi di settore, che mi hanno dato visibilità e consapevolezza.

              7 Esiste un gioiello, tra quelli che hai creato, che consideri particolarmente emblematico del tuo modo di lavorare?

                Sì, senz’altro. Gli insetti della collezione Baboja e la Mannaia della serie Divieto di caccia sono due esempi che sintetizzano la mia poetica: trasformazione, ironia, rigore formale e una riflessione sul limite.

                8 Come vivi il confronto con il panorama della gioielleria contemporanea, in Italia e all’estero?

                  Preferisco non dare una risposta definitiva: è un confronto che osservo, ma non inseguo. Continuo a percorrere il mio tracciato, con attenzione e coerenza.

                  9 Qual è il tuo rapporto con Creativity Oggetti? Cosa rappresenta per te questo spazio?

                    Il mio rapporto con Creativity Oggetti – e in particolare con Susanna Maffini – è stato fondamentale. È grazie a questo spazio se il mio lavoro ha trovato una collocazione all’interno del panorama della gioielleria d’arte e ha potuto dialogare con altri artisti e designer di grande valore.

                    10 Cosa stai esplorando oggi? C’è un territorio nuovo che stai cercando di attraversare, concettualmente o materialmente?

                      La curiosità e la sperimentazione sono sempre state il motore del mio lavoro. Oggi sto esplorando tecniche e materiali diversi, senza mai perdere l’identità che ho costruito nel tempo, sia sul piano concettuale che su quello materico.

                      Nel lavoro di Piero Acuto, ogni oggetto è il risultato di un ascolto.
                      Un ascolto della materia, delle forme possibili e delle connessioni tra linguaggi diversi.

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